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“Make NYFW Great Again” (?)

Scritto da Noemi Clarizio 21 Febbraio 2017

Chi se non quel megalomane di Philip Plein poteva fare un’affermazione simile come premessa alla sua sfilata A/I 2017-2018 durante NYFW??! Nessuno effettivamente, però come molti altri designer ha reso chiaro quello che è stato, per quanto accennato e a tratti fuorviante, il fil rouge di molte delle collezioni che hanno animato le passerelle newyorchesi la scorsa settimana, ovvero una più o meno chiara presa di posizione del mondo della moda nei confronti della situazione politica in cui riversano gli Stati Uniti oggi, e con loro tutto il resto del mondo.

Se infatti da un punto di vista creativo e d’innovazione la fashion week newyorchese abbia lasciato vagamente a desiderare, ciò che più emerge è questa continua ed omogenea volontà di trasformare una “semplice” sfilata, in una “political statement” dai tratti non molto nitidi, quanto piuttosto allusivi.

Photo by Jason Kempin/Getty Images

NEW YORK, NY – FEBRUARY 10: (EDITORS NOTE: Image contains profanity.) Models are seen backstage during the LRS New York presentation on February 10, 2017 in New York City.

Mentre lo stilista nepalese Prabal Gurung, dopo il genio di Maria Grazia Chiuri, ripropone per la sua collezione autunno/inverno la t-shirt femminista con lo slogan “The Future in Female”, Raf Simons sceglie come soundtrack di entrata e di uscita alla sua prima, e aggiungerei riuscitissima, collezione per Calvin Klein “This is not America” di David Bowie, e ancora lo stilista messicano Raul Solis marchia l’intimo per la sua sfilati con slogan quali “No Ban No Wall” e “Fuck Your Wall”. Banali operazioni di marketing oppure reali proteste? E’ questo il vero dilemma.

Ci sono poi alcuni designer a cui poco importa di esporsi politicamente parlando, e sono forse loro quelli che più riescono a dare il più libero sfogo a quella che è l’estro propriamente detto.

Tra questi a spiccare nomi come Marc Jacobs, lo showman newyorchese per eccellenza che con la sua rivisitazione underground e hip-hop della donna contemporanea ci regala dei cappotti sublimi e Jason Wu che fa di una classica versatilità il suo imperativo di femminilità; c’è poi la solita opulenza di Coach 1941, il consueto sexy minimalismo di Narciso Rodriguez, e la giovane e necessaria avanguardia di Zadig & Voltaire.

Insomma a New York c’è tanto, tanto da dire, da mostrare, da migliorare, tanto su cui riflettere, tanto in termini di moda, come in termini di arte, futuro e libertà.

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