Sono passati ben quattordici anni dall’uscita del primo Pirati dei Caraibi. La maledizione della prima luna arrivò al cinema nel settembre del 2003, dando il via ad una delle saghe più longeve e redditizie degli ultimi tempi. Il nuovo capitolo, La vendetta di Salazar, in Italia sta facendo faville al botteghino, ma questo non significa che la navigazione proceda priva di intoppi. Scusate le metafore nautiche, ma la nave imbarca acqua ed è solo questione di tempo prima che affondi.
Sentivamo davvero la necessità dell’ennesimo film in cui Johny Depp interpreta un personaggio svitato con la camminata gay? Avevamo veramente bisogno di vedere Orlando Bloom costretto a cedere il testimone di sex simbol a Brenton Thwaites? Per non parlare della povera Keira Knightley (l’unica che supera a pieni voti la prova del tempo) costretta qui, probabilmente per vincoli di contratto, a fare da soprammobile muto in due misere scene. Ne avevamo veramente bisogno? No, assolutamente no.
Per non parlare della trama: 129 minuti in cui succede di tutto, ma in realtà non succede niente. Una lunga serie di sottotrame obbligate dove tutto più che essere sensato e logico pare necessario solamente a riempire le inutili due ore. A metà non si può fare a meno di chiedersi quanto ancora durerà questa tortura. Sono film come questo che dimostrano che nessuna immane quantità di effetti speciali o cast stracolmo di star può sopperire alla mancanza della cosa più importante: una sceneggiatura solida.
La vendetta di Salazar era probabilmente stato pensato come nuovo inizio per il franchise. Dopo un quarto capitolo andato alla grandissima al box office ma recepito tiepidamente dalla critica, questo nuovo film non fa altro che mettere in luce tutti i limiti di Pirati dei Caraibi. Una serie stanca che da tempo ha perso smalto e mordente. Anche no mamma Disney.