La settimana della moda londinese è appena giunta al termine lasciando prontamente spazio alle passerelle di Milano, e la domanda che proprio non riesco a non pormi è la seguente: perché alcune città, con i loro artisti, designer ed atmosfere riescono meglio di altre ad interpretare quello che è lo spirito del nostro tempo, quel Zeitgeist di cui molti filosofi del primo novecento parlano, ma che pochi sono stati e sono attualmente in grado di cogliere?
Appurato il generale stato di inerzia creativa in cui il fashion system tutto sembra sostare (fatta eccezione di rari, rarissimi casi), l’unica cosa che ci rimane da fare è infatti quella di notare e conseguentemente lodare a gran voce là dove lo sforzo di creare qualcosa di nuovo, di raccontare una storia diversa dalle altre c’è, senza troppi indugi o ripensamenti.
E a Londra tutto questo accade. I designer non hanno paura di mostrare, di osare, ed eventualmente di sbagliare, creando non solo abiti ma veri e propri modelli di riferimento stilistici, artistici e culturali per i creativi del futuro.
Si passa infatti da una monumentale e contemporanea estetica del bello in Burberry, dove il direttore artistico Christopher Bailey disegna l’intera collezione ispirandosi alle tanto amate sculture di Henry Moore, ad una militante e caotica femminilità portata avanti dalla designer irlandese Simone Rocha, la quale veste con estrema maestria le femministe di oggi, così come quelle di domani.
C’è poi la macabra estetica del gotico rivisitato in chiave sadomaso di Gareth Pugh e la passione smisurata del tulle dai toni pastello di Molly Goddard, la quale trasforma il suo fashion show come un grande e distopico carillon.
Se invece da Marques Almeida le precise geometrie delle stampe risaltano il contrasto dei tagli svasati e destrutturati, delle moderne eroine austeniane sfilano da Erdem, con stampe e tessuti tanto opulenti quanto misurati.
Londra è quindi progresso, ma anche tradizione, è lealtà ai propri ideali creativi, è incontro e scontro, è contraddizione, ma Londra, più di tutto è quel faro di speranza di cui tutto il sistema moda ha estremamente bisogno.