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Appuntamento con Claude Monet

Scritto da Federica Lamberti 2 Novembre 2017

Impressione, dal latino impressio – onis, è azione e risultato dell’imprimere, cioè lasciare una traccia, che in un’accezione figurativa può indicare un effetto prodotto sui sensi; quindi l’Impressionismo è una tendenza, affermatasi nella seconda metà del XIX sec, a rappresentare la realtà così come viene colta in rapide e immediate impressioni.

«Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. A forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente», sono queste le parole con cui uno dei più grandi esponenti di questo movimento, Claude Monet, definisce il modo di concepire la sua opera.

Un’opera che dal 19 ottobre abbiamo la fortuna di ammirare in tutta la sua grandiosità a Roma nell’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano, e un’occasione a dir poco unica per ammirare i dipinti che l’artista custodì nella sua ultima casa di Giverny fino alla sua morte, e che poi suo figlio Michel donò al Musée Marmottan Monet di Parigi, dove sono ora conservate.

Come dice la curatrice Marianne Mathieu, «questi non sono solo i quadri dipinti da Claude Monet. Ma quelli che appartenevano a lui, che ha guardato per tutta la vita, appesi nella sua ultima, amatissima, casa a Giverny», dai paesaggi campestri e urbani di Parigi e dintorni alle tele con gli amati fiori del suo giardino, i salici piangenti, il viale delle rose e le famosissime ninfee che ricorrono costantemente nelle sue pennellate fugaci e intense allo stesso tempo, capaci di catturare la luce e i colori come solo Claude Monet sapeva fare.

«Io devo forse ai fiori l’essere diventato pittore» è annoverata come tra le sue più famose citazioni; e se è vero che Monet senza il suo giardino non ci avrebbe regalato un patrimonio di inestimabile valore, quali sono i suoi quadri, forse noi oggi non avremmo potuto ammirare un laghetto di ninfee con gli stessi occhi, se non avessimo “impresso” nella mente “Ninfee”, 1916-1919 olio su tela.

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